In base ai recenti dati acquisiti sui pazienti, è emerso che possono persistere delle conseguenze del Coronavirus a distanza di tempo. Come nel caso dell’indebolimento dei polmoni che restano a rischio per almeno 6 mesi. Inoltre si è rilevato che circa il 30% dei guariti rimane esposto a problemi respiratori cronici. Questi dati si sono illustrati nel corso del meeting della Società Italiana di Pneumologia.
Per gli esiti fibrotici che mostrano la presenza di una cicatrice sul polmone causata dell’infezione da Covid-19, il paziente può risentire di un danno respiratorio irreversibile. Queste conseguenze del Coronavirus si potranno riscontrare in malati che hanno trascorso più tempo in terapia intensiva. Potrebbe così nascere un’altra emergenza sanitaria. Che potrebbe spingere a rinforzare le pneumologie degli ospedali. Per fronteggiare nuovi casi di patologie connesse con il virus. Si prevede per le equipe pneumologiche una certa mole di lavoro, visto l’alto numero di pazienti che hanno subito danni polmonari. Che devono sottoporsi ad un ciclo riabilitativo ed al monitoraggio clinico.
Per quanto riguarda il profilo dei pazienti che hanno trascorso più tempo in terapia intensiva, si tratta di malati debilitati. Ricoverati almeno due settimane nei reparti di malattie infettive o pneumologia. Questi soggetti hanno avuto bisogno di un periodo di riabilitazione e di fisioterapia respiratoria.
Le conseguenze del Coronavirus sui polmoni
Secondo i riabilitatori di insufficienza respiratoria, tra le possibili conseguenze a lungo termine per i pazienti più gravi, colpiti da una grave polmonite, ci può essere la fibrosi polmonare. Con formazione di cicatrici permanenti ai polmoni. Inoltre i pazienti più gravi hanno difficoltà a respirare. Perché la malattia mette a dura prova la muscolatura respiratoria che si riduce. Si tratta di scenari evidenziati dalle prove di due lavori che si sono pubblicati sul New England Journal of Medicine.
Nel corso delle indagini si è analizzata un target di soggetti giovani (età mediana di 45 anni) con nessuna o solo una precedente comorbidità. Questi sono stati ricoverati in terapia intensiva per ARDS (Acute Respiratory Distress Syndrome). Ossia per una forma molto grave di compromissione polmonare. Con valori di ossigenazione critici che necessitano un lungo ricovero in terapia intensiva.
I pazienti si sono monitorati per circa cinque anni. Così si è notato che ad un anno di distanza malgrado alcuni miglioramenti non hanno recuperato la condizione di salute precedente. Nel test del cammino di 6 minuti non sono riusciti a percorrere i metri richiesti. Alcuni andavano in forte debito di ossigeno. Inoltre hanno risentito di debolezza e di affaticabilità.
Si teme che tali conseguenze ed altre più gravi possano colpire i malati Covid-19. La principale preoccupazione riguarda le complicanze a carico del polmone. I precedenti lavori scientifici mostrano il decorso in fibrosi polmonare in caso di polmonite virale MERS-CoV. Il rischio di un danno polmonare permanente si è riscontrato anche in alcuni pazienti Covid-19. Nei casi più gravi la TAC di controllo fatta in fase di ricovero ospedaliero ha mostrato un’evoluzione verso la fibrosi polmonare. Quindi potrebbe verificarsi come complicanza un danno polmonare permanente.
Possibili effetti sulla salute mentale dei pazienti Covid-19
Non si devono poi trascurare i probabili effetti di tipo emotivo. Ad esempio il disorientamento e la perdita di olfatto e di gusto, che possono perdurare dopo la guarigione. In base ad uno studio pubblicato su Lancet Psychiatry, i lunghi periodi trascorsi in terapia intensiva possono aumentare il rischio di: delirio, agitazione, confusione e problemi di salute mentale. Ma non è noto se la pandemia potrà influenzare a lungo termine la salute mentale dei pazienti più gravi.
In genere i pazienti con sintomi lievi non sono esposti a problemi mentali. Ma gli episodi di delirio e di confusione possono colpire i soggetti ospedalizzati. Come evidenziato da uno studio di Lancet Psichiatry. Un team di ricercatori ha riveduto 70 studi sul tema con circa 3500 pazienti colpiti dal SARS-CoV-2. Si è fatto un confronto tra il virus della SARS ed il virus della MERS. Questo studio, guidato da Jonathan Rogers, del Wellcome Turst presso la University College London, ha supposto un possibile impatto del Coronavirus sulla salute mentale.
Facendo un parallelo con quanto successo durante la SARS e la MERS, non si esclude che anche il Covid-19 esponga a: ansia, perdita di memoria, sintomi depressivi, stress post-traumatico. Gli esperti ipotizzano che il virus possa impattare sulla salute mentale. Potrebbe infettare il sistema nervoso centrale. Causando dei danni per la carenza di ossigeno subita. Ma il cervello potrebbe venir danneggiato anche dalla reazione immunitaria scatenata dal virus. Ma si tratta di studi nuovi che meritano ulteriori indagini. Per appurare il reale impatto a breve e lungo termine del SARS-Cov-2.