Questa è la storia di Aurora e l’endometriosi, malattia che condiziona non poco la vita di una donna. Ancor di più se questa si presenta in giovane età. Il messaggio che Aurora vuol lanciare con la sua storia è quello di non arrendersi. Di combattere questo mostro che convive con chi ne è posseduto. La storia di Aurora può essere un’ancora di salvataggio per moltissime donne che giornalmente combattono contro questa malattia.
La storia di Aurora e la sua malattia
Aurora nasce il 25 aprile 1976.
Aurora inizia ad avere problemi ormonali a 9 anni. Quando compare il primo ciclo mestruale, quando è ancora una bambina che dovrebbe giocare con le bambole. I dolori sono forti, ogni 15 giorni, tanto da costringerla a stare a letto spesso e a tornare a casa da scuola.
A 15 anni è trasportata al pronto soccorso per delle coliche scambiate per renali. Viene visitata da un medico specializzato e, dopo un esame ecografico, le viene detto che ha l’endometriosi. Una parola difficile, che a quell’epoca era la malattia delle donne che non potevano avere figli. Viene operata in laparoscopia e messa sotto terapia ormonale continua. Si fa visitare ogni 6 mesi, si fida del suo medico che le dice che, se vuole dei figli, deve farli in fretta.
Sì sottopone a cure ormonali per stimolare il concepimento e riesce a partorire due bambini, entrambi prematuri, con due tagli cesarei. Poi sempre ormoni. Poi sempre più dolori, ma il medico ripete che non può essere endometriosi di nuovo.
Dopo dieci anni di atroci sofferenze, parlando con un’amica, decide di rivolgersi ad un centro specializzato per il trattamento di questa malattia, dato che nel frattempo la ricerca ha scoperto che può fare danni irreparabili ed invalidanti anche ad organi diversi da quelli dell’apparato riproduttivo. Fa una risonanza magnetica, degli esami di accertamento e percorre 800 km in un giorno per avere una “sentenza” che le ha cambiato la vita per sempre.
Dopo un mese e mezzo di nuovo operata: le rimuovono l’utero, le tube, la cervice, fanno adesiolisi di tutti gli organi interni. L’endometriosi l’ha divorata, le ha risparmiato l’intestino e i reni. Non può più assumere cure ormonali e scopre di avere la fibromialgia e altri disturbi legati alla malattia. A distanza dall’ultimo intervento, Aurora ha una recidiva. Non cammina più bene, è costretta a letto per molti giorni al mese, sviene, deve lasciare il lavoro che ama, non è autonoma negli spostamenti e il dolore cronico è diventato la sua principale compagnia.
Aurora ha 43 anni e sa che la sua vita è condizionata da una malattia inguaribile ed invalidante e dalle sue conseguenze.
Ma continua a lottare ogni giorno per conservare il suo sorriso, per avere la forza di amare e crescere i propri figli, sostenere il suo compagno che combatte un’altra battaglia difficile. E si impegna a fare informazione sui social network e sui blog, sostegno e aiuto per quanto riguarda l’endometriosi. Perché è una lotta contro una patologia non riconosciuta dal servizio sanitario nazionale, è sottovalutata quanto subdola. Colpisce organi anche al di fuori della pelvi, provoca sofferenze fisiche e psicologiche, infertilità, lesioni ai nervi e ti cambia la vita per sempre…
Aurora conosce donne che sotto i vestiti nascondono cicatrici che non si vedono ma bruciano, neurostimolatori che le aiutano a provare a gestire il dolore, stomie permanenti o provvisorie che necessitano di abiti comodi per una malattia tanto scomoda…
Sorride sempre, perché la malattia non è visibile e lei ha un sogno: che un giorno si trovi una cura, che nel frattempo le donne colpite da questo mostro non restino invisibili e vengano credute, riconosciute, comprese ed aiutate.
Aurora ha deciso che non vuole più stare zitta e scrive, perché questa è la sua passione, per far sentire la sua voce che vuole essere quella di 173 milioni di donne al mondo…
Aurora sarà più forte del dolore e della malattia e vorrebbe tanto esserci alla Marcia Mondiale per la lotta all’endometriosi che si terrà a Roma (come in tutte le capitali del mondo) il 28 marzo 2020. insieme a tutte quelle guerriere che, come lei, hanno deciso di vincere la battaglia, raccontando le proprie storie, chiedendo che si riconoscano i diritti di tutte, sostenendo la ricerca.
Lei a deciso che ogni dolore può essere trasformato in un’opportunità. E non intende smettere di ripetere che spera che “Un giorno, ogni essere umano possa essere un giorno libero dal dolore” come recita un’antica preghiera indiana.
Aurora non molla.
Testo concesso ed autorizzato dalla titolare Aurora Sossella